Origine non esattiva della complessità interactomatica

I confini tra procarioti, eucarioti unicellellulari e eucarioti multicellulari sono accompagnati da riduzioni di ordini di grandezza in dimensioni efficaci della popolazione, con amplificazioni concorrenti degli effetti della deriva genetica casuale e mutazione (1). Il calo risultante dell’efficienza della selezione sembra essere sufficiente per influenzare una vasta gamma di attributi a livello genomico in modo non esarativo (2). Una questione chiave rimanente riguarda la misura in cui la variazione della potenza della deriva genetica casuale è in grado di spiegare la diversità filogenetica ai livelli subcellulari e cellulari (2-4). Se ciò potrebbe essere il caso, le dimensioni della popolazione dovrebbero essere considerate come potenziale determinanti dei percorsi meccanicistici responsabili dell’abilità fenotipica a lungo termine. Qui dimostriamo una relazione inverso filogeneticamente ampia tra il potere della deriva e l’integrità strutturale delle subunità proteiche. Ciò porta all’ipotesi che l’accumulo di mutazioni delicatamente deleterie nelle popolazioni di dimensioni ridotte induce la selezione secondaria per le interazioni proteiche-proteine che stabilizzano le funzioni dei geni chiave. Pertanto, anche se le complesse architetture proteiche e interazioni possono essere contributori essenziali alla complessità fenotipica, tali caratteristiche possono inizialmente emergere da meccanismi non esattitici.

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